Cambiare punto di vista si può: disegnando male per lavorare meglio

Perché quando cresciamo non disegniamo più

L’atto di dipingere, disegnare o creare arte viene generalmente considerato nella società contemporanea come un’attività da bambini o da professionisti. Eccetto l’insegnamento a scuola e le attività ricreative per i più piccoli, l’arte viene vissuta come una cosa solamente per artisti. Sia causa che conseguenza di questo fenomeno è la tendenza considerare quello scientifico/razionale come l’unico metodo efficace per pensare. Per i genitori il disegno è spesso una soluzione per tenere occupati i figli mentre loro si dedicano ad altre faccende, mentre nel mondo del lavoro disegnare sembra essere considerato uno spreco di tempo ed energie. Questo è però dannoso sia per la creatività che per il mantenimento di un sistema di pensiero laterale, che aiuti il nostro cervello ad adattarsi alle situazioni e a rispondere con approcci diversi a diversi stimoli o problemi. 

A questo proposito abbiamo parlato con Alessandro Bonaccorsi, illustratore, visual designer e ideatore del progetto“Disegno Brutto”. La sua missione è quella di riportare il disegno negli uffici e nei luoghi di lavoro, nelle case e nelle vite degli adulti, per aiutarli a codificare e immaginare la realtà in maniera differente e migliorare le proprie competenze

Posto che non si disegna più, come possiamo reintrodurre il segno grafico in una dimensione quotidiana? La prima cosa da fare è liberarsi dalla convinzione che il disegno debba per forza essere “bello” secondo dei canoni prestabiliti, e abbracciare invece una visione più libera, soprattutto dal giudizio. Evocativo e di immediata comprensione è in questo contesto proprio il nome “Disegno Brutto” che Bonaccorsi ha dato al suo progetto. Come chiaramente espresso nel titolo del suo ultimo libro, è in effetti possibile, se si cambia prospettiva, “lavorare meglio disegnando male”.


Il disegno (brutto) e i suoi benefici 

Per Bonaccorsi tutto è iniziato con la facilitazione grafica: “ho iniziato a lavorare come facilitatore quasi per caso, in situazioni come congressi o convegni”. Il ruolo di facilitatore grafico è quello di tradurre o “illustrare” con un’iconografia semplice e spontanea quello che un relatore sta dicendo, mentre lo dice. “Lavorando dal vivo non c’è bisogno di fare un disegno fatto benissimo” ci ha spiegato Bonaccorsi “e ti rendi conto che viene apprezzato molto di più questo disegno fatto magari male o velocemente però dal vivo e direttamente per il cliente, facendolo assistere al processo creativo, rispetto a un’illustrazione su cui normalmente lavoreresti per una settimana”. Da qui è nata l’idea che si potesse creare qualcosa di “brutto”, ma che venisse apprezzato per il suo senso e la sua utilità, attraverso espedienti come i simboli e l’uso di tratti semplici. Il disegno è un’arte molto pratica che può portare molti benefici, anche inaspettati. Bisogna però “liberarsi dalla convinzione che il disegno sia quello che ci hanno insegnato a scuola”. 

Disegnare è “prima di tutto una cosa liberatoria,” e porta a “guardare il mondo da un punto di vista diverso”, creando, anche nelle aziende, un “cambio di mindset”. Secondo Bonaccorsi, “disegnare male ti farà guadagnare tempo, migliorerà la tua capacità di progettare, di prevedere, ti permetterà di avere una visione più chiara delle cose e ti aiuterà a risolvere problemi, ti darà nuovi spunti di ispirazione e stimolerà la tua creatività”. Siamo abituati a pensare soltanto attraverso la scrittura e le parole, ma “ragionare disegnando è una delle cose migliori che possiamo fare per stimolare l’immaginazione e la creatività” (Lavorare Meglio Disegnando Male, 2020). Una volta liberi dal giudizio, quindi, possiamo unire il disegno, che rappresenta il nostro lato più istintivo e irrazionale, al nostro solito modo di pensare. 


La filosofia del disegno brutto 

I corsi di Disegno Brutto, che l’autore organizza ormai dal 2017 e hanno riscosso un ampio successo, insegnano a “ritrovarsi dopo essersi persi” e “scoprire la magia del disegno” facendo di fatto una “rieducazione al disegno”. Con degli strumenti molto semplici, come un pezzo di carta e un pennarello nero, Bonaccorsi inizia a spingere gli adulti verso questa ritrovata libertà. I colori sono inclusi nella filosofia, ma introdotti in un secondo momento: “il segno nero ha una sua potenza, ti tiene incollato”. Il digitale? Perché no! Una tavoletta grafica o un tablet possono essere usati allo stesso scopo. Mancano però ancora, secondo Bonacciosi, strumenti abbastanza avanzati o sofisticati da dare una piena soddisfazione, come possono invece una penna o un pennarello. Quelli che ci sono, non sono generalmente disponibili su ampia scala.


Adulti e bambini: due disegni diversi

“Si dice sempre che quando disegni toni bambino,” ma non è proprio così: “in realtà le sensazioni che provi da adulto sono molto diverse”. Da bambini disegnare è un atto psicomotorio, in seguito il disegno entra nella scuola e diventa prestazione, e a quel punto “i bambini vogliono disegnare sempre meglio”, anche perché “la scuola non propone nessun altro modo di disegnare che non sia quello che va verso l’arte”. Dopo la scuola il disegno sparisce. C’è un punto d’incontro molto stimolante nell’unire l’approccio del bambino e quello dell’adulto all’atto di disegnare: “far disegnare i bambini come gli adulti, e gli adulti come i bambini”. La chiave di questo incontro, secondo Bonaccorsi, è il rovesciamento dei ruoli: che il bambino diventi maestro. I bambini hanno infatti “un modo molto diverso di ragionare, in un certo senso più irrazionale.” L’adulto, abituato a essere in controllo, quando disegna guidato da un bambino si trova “costretto a lasciarsi andare,” un’abilità che sarebbe utile rivalutare. 
Spingendo verso la spontaneità e la libertà di creare, il Disegno Brutto può aiutarci a restituire all’arte il suo ruolo pratico fondamentale nelle dinamiche, anche produttive, della vita adulta.