One Ocean: cambiare mentalità per conservare l’ambiente marino

One Ocean: una storia legata al mare

La Fondazione One Ocean nasce in occasione del cinquantesimo anniversario dello yacht club Costa Smeralda. Il primo passo è l’organizzazione di un forum a Milano nel 2017, a cui vengono invitati attori del settore pubblico e di quello privato che lavorano a stretto contatto con il mare. In seguito viene aperta la vera e propria associazione, attiva dal Febbraio 2018 con l’obiettivo di accelerare la creazione di soluzioni ai problemi degli oceani ispirando leader internazionali, aziende, istituzioni e individui. Abbiamo parlato con Giulio Magni, direttore Operativo. 

La fondazione: struttura e attività

“One Ocean” ci ha raccontato Magni, “nasce con l’intento di creare una piattaforma al servizio dell’oceano per tutelarlo”. Per riuscire a sviluppare con successo questa idea si sono coinvolti fin da subito diversi partecipanti: “un pull di aziende, un comitato scientifico, e una serie di altri partner quali il CNR (Centro Nazionale di Ricerca) e l’Università Bocconi”. Da quattro anni la fondazione vive grazie al supporto di un numero crescente di imprese. Le attività si basano su tre pilastri: “l’educazione; la ricerca, che porta alla realizzazione di progetti ambientali; e infine quella che noi chiamiamo Blue Economy”. 

Il pianeta è verde o blu? E l’economia?

One Ocean propone, tra i diversi concetti su cui fa affidamento, di definire la Terra “Pianeta Oceano,” in contrapposizione al nome più comune di Pianeta Terra. “Chiamiamo il pianeta Terra” spiega Magni, “ma in realtà il settanta percento della sua superficie è coperta da acqua”. Allo stesso modo, quando parliamo di cambiamento climatico, troppo spesso il discorso si limita a concentrarsi sulla protezione delle foreste e delle aree verdi, che è sicuramente essenziale. Dare però una posizione più rilevante anche agli oceani sarebbe un passo avanti nella lotta contro il surriscaldamento globale. Soprattutto perché il ruolo cruciale del mare è supportato da sempre maggiori evidenze scientifiche: basti pensare che “il cinquanta percento dell’ossigeno che respiriamo è prodotto dal fitoplancton”. Nonostante questo, il 2021 è stato l’anno più caldo mai registrato per gli oceani, che assorbono una grande parte del calore in eccesso che il nostro pianeta non potrebbe sopportare, agendo da regolatori del clima. Proprio per questo il benessere dell’oceano dovrebbe riguardare tutti, privati, istituzioni e aziende, a prescindere dal fatto che si trovino in prossimità del mare o meno.

Il mare: o la settima economia del pianeta

Anche in termini economici – nonostante questo dato non venga generalmente presto in considerazione - il mare ha un peso enorme per la società: “se mettessimo insieme e quantificassimo tutte le attività economiche che ruotano attorno al mare, otterremmo la settima economia più grande al mondo”. Da qui il concetto di Blue Economy, uno dei pilastri che reggono le attività di One Ocean. “Il termine Blue Economy,” specifica Magni, “è stato usato in molti contesti e può essere fuorviante. La definizione che One Ocean abbraccia è l’ultima approvata dalla comunità scientifica: “si intende per Blue Economy un utilizzo resiliente delle risorse marine da parte delle aziende e delle persone”. In altre parole, tutte le risorse prodotte dal mare devono essere utilizzate in modo sostenibile dall’uomo e dalle imprese, garantendo la tutela per le generazioni future. 

Grazie a progetti come One Ocean è possibile pensare a un mondo in cui le imprese si uniscono per far fronte alla crisi climatica, secondo le parole di Magni “promuovendo la cooperazione anziché la competizione”.